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Sils Maria recensione] - L'attrice Maria Enders (Juliette Binoche) deve la sua carriera al drammaturgo che l'ha consacrata nel ruolo di Sigrid. Ne "Il serpente del Maloja" interpretava una diciottenne audace e spudorata che seduce Helena, donna a capo dell'azienda di cui vuole fare parte, per poi abbandonarla e indurla, più o meno consapevolmente, al suicidio. A vent'anni di distanza un regista esordiente chiede a Maria di recitare lo stesso copione a teatro, questa volta però nel ruolo di Helena, l'altra protagonista sarà interpretata dalla giovane starlet Jo-Ann (Chloë Grace Moretz). Maria, seppur con esitazione, accetta la parte e si rifugia tra le vette di Engadina con la sua collaboratrice Valentine (Kristen Stewart) che l'assiste con autentica dedizione. Ma ruoli, prove, interpretazione, recitazione perdono di significato. Maria vive con viscerale coinvolgimento quei giorni di preparazione senza riuscire nel suo intento: non è in grado di abbandonare lo sguardo di Sigrid, continua a disprezzare Helena e tutto ciò che rappresenta, una donna affascinata dalla sua stessa rovina e destinata al fallimento. La stima e il rispetto che Valentine prova verso l'attrice, non le impedirà di mettere Maria difronte alla scomoda verità che continua a negare rimanendo intrappolata nel riflesso di se stessa quando aveva vent'anni.
L'interpretazione della Binoche è senza riserve, di un'intensità fuori dal tempo, perfettamente a suo agio in una sceneggiatura e scenografia che sembrano riflettere i suoi stati d'animo e seducono lo spettatore con uno studio preciso di luci e ombre.
L'ultimo lavoro di Assayas è un film che richiede la fatica di chi guarda. Si snoda su più livelli. Il palcoscenico immaginario, quello delle prove, diventa terreno dove affiora il malessere inespresso di un rapporto sottaciuto (quello di Maria e Valentine), e sponda su cui s'infrange un passato esasperato che non dovrebbe più riemergere. Il passo del serpente che dà titolo all'opera, prende il nome dalle nubi che nascono tra le cime del Maloya e, snodandosi come un rettile, si riversano nella valle segnando l'arrivo del mal tempo. C'è chi le vede bene quelle nubi e sceglie come Valentine di starne al di sopra, chi, come Jo-Ann, le osserva scorrere rapide sopra la testa, ponta a sfidare tutti i suoi tuoni, e poi c è Maria che vive il dramma di esserne immersa. In una condizione vulnerabile tra un passato rarefatto che si ostina a voler riviere e un futuro che non accetta, vive il presente con un'inadeguatezza insostenibile.
I tre atti in cui Assayas divide la storia, forse si staccano eccessivamente l'uno dall'altro e talvolta la colonna sonora non fa che accentuare questa distanza… ma del resto, non è la realtà, è solo una pièce teatrale proiettata dentro uno schermo… allo spettatore il diletto di trovarne i confini.
(La recensione del film "
Sils Maria" è di
Clara Gipponi)
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