UN PO' PER CASO UN PO' PER DESIDERIO
 

- recensione -

 
Il quartiere dell’Avenue Montaigne è un angolo di Parigi dove può capitare facilmente di incontrare persone ricche e famose: galleristi, attori di grido, musicisti idolatrati dal pubblico. È quello che accade alla protagonista di “Un po’ per caso, un po’ per desiderio” Jessica, spensierata ventenne che, con quel tanto che basta di furbizia e d’intraprendenza, trova un lavoro al prestigioso Bar de Theatres e riesce così a conoscere personalità che pensava inavvicinabili. Si tratta di una nevrotica attrice di soap opera, di un pianista in crisi, di un collezionista malato di cancro e di suo figlio in cerca del senso della vita. Tutti questi personaggi si preparano ad affrontare un momento cruciale della loro vita e - un po’ per caso, un po’ per desiderio, appunto – avranno incontri/scontri che li aiuteranno a maturare. Matura  
 
difficilmente invece nello spettatore l’opinione di trovarsi di fronte ad un’opera intelligente. “Un po’ per caso, un po’ per desiderio” è un film che ha la sua pecca più evidente nella povertà dei contenuti: una sceneggiatura molto debole che fa largo uso di sentimentalismi e stereotipi. La morale di fondo è che il lusso va vissuto solo come sogno, poiché la vera ricchezza risiede nei rapporti umani. Ringraziamo vivamente la signora  
regista Danièle Thompson per la lezioncina di etica che ci ha voluto gentilmente elargire ma ci permetterà di replicare che c’è chi al cinema vuol vedere prodotti magari anche più ‘volgarotti’ ma che perlomeno si astengano dal fornire certe filosofie esistenziali che ricordano tanto i fotoromanzi. Per far commedie intelligenti è necessario possedere una dose di ironia ed autoironia ben superiori e, soprattutto, sforzarsi di evitare toni didascalici e luoghi comuni. A risollevare leggermente le sorti di questo film ci sono le performance recitative (tutto sommato adeguate, compresa quella di Laura Morante) e un montaggio che conferisce un buon ritmo al racconto. Inutile, invece, il cameo di Sydney Pollack.

(di Marco Santello)

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