L'ORCHESTRA DI PIAZZA VITTORIO
 

- recensione -

 
Una boccata di ossigeno, un filo di speranza per tutti coloro siano convinti che in Italia nulla vada bene e che niente si possa osare. Una favola (reale) dall’imprevedibile lieto fine che riconcilia con il mondo e l’umanità. Agostino Ferrente, regista e produttore, nel 2001 si fa promotore del gruppo “Apollo 11” e salva lo storico cinema-teatro Apollo dal pericolo di essere trasformato in sala Bingo. Non solo. Assieme a Mario Tronco (membro degli Avion Travel) ha la mirabile idea di formare una orchestra stabile composta da musicisti (professionisti e non, diplomati a un conservatorio e dilettanti incapaci di leggere uno spartito) di tutte le nazioni ma che vivano a Roma, soprattutto extracomunitari. “L’orchestra di Piazza Vittorio” (a Roma piazza Vittorio è diventato un luogo dove, come dicono Ferrente e Tronco, “gli italiani sono  
 
ormai minoranza etnica” e nel bene e nel male sono presenti più di sessanta etnie diverse) racconta questa duplice impresa, una sorta di incubo positivo, mostrando quanto è accaduto negli ultimi cinque anni e come sia stato possibile che un bel sogno, dal profondo significato, si sia trasformato in realtà. Un documentario (ma è riduttivo qualificarlo tale) che appassiona e coinvolge, commuove emoziona esalta e invita  
all’applauso spontaneo più di una volta. Uno straordinario miscuglio multietnico che è una grande lezione di vita, incontro di cattolici musulmani ebrei induisti atei… con un’unica passione, un unico ideale: vivere e convivere. Una “armoniosa diversità” formatasi nonostante leggi restrittive, burocrazia assurda, naturali rivalità, difficoltà economiche, delusioni, diffidenze, defezioni… Un vero e proprio miracolo che sa tanto di sogno hollywoodiano e che invece si è realizzato concretamente a Roma e che va premiato. Andate a vedere “L’orchestra di piazza Vittorio”: non avrete sprecato il vostro tempo, vi riconcilierete con lo spettacolo cinematografico (vittima di tanta spazzatura in circolazione) e non solo. Da sottolineare che presentato a Locarno fuori concorso, il lavoro di Ferrente ha entusiasmato il pubblico, ricevendo critiche felicissime (“Una stupenda metafora sulla convivenza sulla quale dovrebbero meditare politici e governanti prima di promuovere altre guerre” Corriere della Sera, “Una delle cose più belle viste al cinema negli ultimi mesi” La Repubblica).


(di Leo Pellegrini )

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